"La solidarietà è una legge della vita animale, non meno che la lotta".
PËTR ALEKSEEVIČ KROPOTKIN
La fragilità di un sorriso in questi tempi bui ci sembra palpabile, una presenza costante nel nostro agire, nel nostro essere Arci. E per un'associazione che ha fatto del sorriso, dell'inclusività, dello stare assieme la sua stella (rossa ça va sans dire) la convivenza e la lotta con il covid diventa ogni giorno più difficile, più problematica.
Sappiamo bene che sarà “una risata che lo sconfiggerà” ma ascoltando alcuni dei nostri circoli, delle nostre basi associative, spesso la risata si trasforma in un sorriso amaro, in una Caporetto della positività.
Una Caporetto che al posto di Cadorna ha la buona Confindustria che non retrocede di un passo – al contrario del generale – di fronte al profitto. Ma sappiamo bene che ogni Caporetto ha anche mille Piero con la loro umile guerra, la loro lotta per restare umani ogni giorno di più.
Una lotta che va ben oltre il momento attuale, una lotta che dovrà pervadere la nostra “ricostruzione”, il “dopoguerra” (scevro da ogni retorica patriottarda) di più generazioni di giovani e non che la “guerra” l'hanno vista lontana, “esotica”, dolorosa per interposta persona... anche se la guerra è stata anche ai nostri confini, in quella che fu la gloriosa Jugoslavia.
Ne siamo ogni giorno più consapevoli: se dai diamanti non nasce niente dal covid nascono i fiori. E uno di questi fiori aveva un nome a noi caro: Cipo.
Visionario, spigoloso, puntiglioso. E arcista fino al midollo. Per una ventina di anni nel direttivo di Arci Milano, per una vita “leader maximo” in quel di San Fiorano (uno dei primi paesi del lodigiano ad essere diventato “rosso” - ahimè s'intende come zona...), dove un gruppo di compagni negli anni '50 costruì mattone su mattone un luogo per realizzare i sogni, contenere vivacità, far brillare sinapsi sognando amori e rivoluzioni.
Lui a questo circolo donò la luce. Non in senso metaforico ma letteralmente: fu uno dei primi, il primo nel circuito milanese di Arci quantomeno, a ricoprire il tetto del circolo di pannelli solari. In tempi in cui i tanti compagni che organizzano i friday for future iniziavano a fare i primi vagiti. Insomma un anticipatore, un lungimirante. Come erano lungimiranti le sue lotte nel direttivo di Arci Milano. Spigolose, scomode, come spesso sono le verità.
L’ultima volta che lo abbiamo incontrato e che parlavamo della crisi di San Fiorano, appena ci ha visto ci ha detto “Ah eccoli sono venuti quelli che di crisi sono esperti, sono anni che sono in crisi”. Ovvero: che cosa siete venuti a fare? E forse è anche per questo che gli volevamo bene. Certo la sua verve polemica spesso lo costringeva in un angolo, etichettato come il provocatore di turno. E spesso lo era davvero provocatore spigoloso e integerrimo. E noi lo amavamo così. Ricordiamo il silenzio quando prendeva la parola ai direttivi. Tutti sospesi per sentire le parole proferite dal nostro amabile Savonarola. Tutti a leggere i documenti che redigeva e ornava, capoverso dopo capoverso, di fiori e immagini prese al volo dall'internet. Come a indorare la pillola.
Ora i suoi documenti non verranno mai più distribuiti. Generoso come sempre il nostro, classe 1946, correva per San Fiorano a distribuire medicine, generi alimentari e conforto ai compagni più agé che proprio non ce la facevano. E proprio distribuendo sorrisi e aiuto il nostro Cipo ha contratto il covid. Una lotta che il nostro questa volta non ha vinto.
Non possiamo che prendere esempio da un compagno siffatto: il nostro “avanti tutta”, l'attivarci per la distribuzione di pasti, spese e sorrisi continuerà anche in nome suo. Arci è anche la consapevolezza che la solidarietà è una legge della vita animale, non meno che la lotta.
Lotta che faremo in difesa del suo circolo tanto amato, visto che l'attuale giunta ha, pochi giorni prima del diffondersi del virus, recapitato la lettera di sfratto.
Ciao Cipo, e grazie di tutto