Giuietto Chiesa è stato un grande giornalista, prima di tutto. Corrispondente da Mosca per L'Unità e La Stampa, oltre che per il TG5, il TG1 e il TG3, poi inviato di guerra in tante parti del mondo.
Un "homo erectus", mai riverente con il potere al punto che la Tass, l'agenzia di stampa sovietica,  ne chiese la rimozione per i suoi articoli troppo poco ortodossi e ligi al regime pubblicati da l'Unità. Una rimozione che l'allora segretario del Pci Enrico Berlinguer respinse al mittente.
Anche nelle sue corrispondenze dall'Afghanistan sotto le bombe occidentali Giulietto si era distinto per la sua capacità di raccontare la guerra, lo schifo che è la guerra, l'orrore che provoca e che quasi tutti i media del mondo ignorano.
Con Giulietto, in Afghanistan c'era Vauro, che lo ricorda così: "Giulietto Chiesa è morto. Non riesco ancora a salutarlo. Ricordo i suoi occhi lucidi di lacrime, a Kabul, davanti ad un bambino ferito dallo scoppio di una mina. È morto un uomo ancora capace di piangere per l’orrore della guerra. I suoi occhi sono un po’ anche i miei".
Ecco, non c'è modo migliore di ricordarlo.